Non troppo tempo fa ci siamo lanciati nell’analisi di Lovecratesque, vincitore come gioco di ruolo dell’anno 2018 e abbiamo visto come la sua mira principale fosse quella di impostare un nuovo modo di giocare Lovecraft e i suoi mondi.
Per rinfrescarvi la memoria potete tornare indietro un momento a rileggere l’articolo a questo link ma, tanto per riassumere, emergeva la voglia di creare un gioco dedicato piú alla scrittura e alla fase creativa di Lovecraft, piuttosto che innestare il suo bestiario all’interno di un gioco di ruolo fatto comunque di azione e combattimenti come molti altri.
Lovecraftesque ci spiegava anche come buona parte delle idee per il suo sistema venissero dal libro Stealing Cthulhu di Graham Walmsley, una fonte preziosissima, quasi indispensabile per chi voglia a tutti gli effetti creare materiale da gioco di ruolo ispirato a Lovecraft e rispettando la struttura e il vero spirito dei suoi racconti.
Cosí, questa volta, per la prima volta, vogliamo offrirvi una panoramica con qualche spunto di riflessione su un pezzo di letteratura anziché su un gioco vero e proprio; dando cosí inizio ad una nuova sezione del sito (che speriamo venga apprezzata), tutta dedicata a ció che non é gioco di ruolo vero e proprio ma che puó essere fonte di ispirazione per gli appassionati.

Tornando a Stealing Cthulhu, per cominciare, diciamo che é un saggio non eccessivamente lungo, sono 178 pagine tutto compreso e si legge in poco e con gusto.
Nella sua breve durata, senza dilungarsi in chissá che dissertazioni, Walmsley si rivolge a tutti coloro che vogliano utilizzare Lovecraft all’interno, specificatamente, di un gioco di ruolo.
Le strutture creative che propone sono rivolte principalmente verso i Game Designer ma sono assolutamente adatte ai Master che vogliono creare avventure e campagne e, volendo ben guardare, sono perfettamente utilizzabili anche da chi é alla ricerca di strutture solide per un racconto, un romanzo o per un film.
Come sorta di disclaimer iniziale potremmo dire che il libro é zeppo di esempi presi direttamente da racconti e romanzi di Lovecraft. In questo l’autore é sempre pronto a puntualizzare quello che dice fornendo esempi utili ed esaustivi, e questo é un bene, di sicuro, ma di contro ci ritroviamo con un lavoro molto difficile da seguire per chi non ha un’ottima dimestichezza con tutto sto materiale. Quello che consigliamo é di non affidarsi del tutto alla propria memoria e rileggere per bene ció che viene indicato in bibliografia poco prima di mettersi a “studiare” questo libro. Oppure, proprio al massimo, possiamo tenere accanto a noi le raccolte e andare a consultare i singoli elementi a mano a mano che si presentano.
Stealing Cthulhu • Rubare per creare qualcosa di nuovo
Il concetto di “rubare” da un autore per produrre qualcosa di nuovo e personale sotto la sua ispirazione non é nuovo e viene correntemente utilizzato anche in altri campi. Il mondo dell’illustrazione, del cinema, della musica, sono pieni di esempi del genere. Austin Kleon, nel suo libro Steal Like an Artist, ci spiega come questo sistema possa essere esteso a tutti gli aspetti della creativitá, persino alle fasi di creazione di un prodotto e del suo marketing.
Non si tratta di rubare in senso proprio, ovviamente, ma di catturare, creativamente parlando, alcune cose che funzionano e che ci ispirano da qualcun’ altro, per arrivare a qualcosa di nostro. Si tratta di un processo che ci permette anche di crescere e migliorare le nostre capacitá, fino anche a sviluppare uno stile tutto nostro alla fine, imparando da altri, osservando, interpretando e analizzando quasi chirurgicamente il modo in cui viene fatto il lavoro. Esattamente come fa Walmsley in questo libro.
In Stealing Cthulhu lo stile di Lovecraft viene sezionato nei minimi dettagli per individuare la sua struttura piú profonda. Una volta visto come piú o meno tutto il suo lavoro possa essere ricondotto ad alcune regole essenziali di costruzione, questi schemi vengono spiegati al lettore e usati come chiave di lettura per “ritornare verso Lovecraft” e creare il proprio materiale.
Comprendere l’accezione in cui qui viene utilizzato il termine rubare é molto importante, quindi facciamo un esempio:
Possiamo rubare a piene mani dal bestiario di Lovecraft. Quello é senza dubbio uno degli aspetti piú prolifici della sua intera produzione e di roba per creare un gioco in stile Lovecraftiano ce n’é a pacchi. Quello che peró ci salterebbe subito all’occhio se riprendessimo le sue creature pedissequamente é che finiremmo col produrre qualcosa di giá visto, probabilmente trito e ritrito e in nulla diverso da mille altri giochi che giá esistono. Quello che veniamo invitati a fare é innanzitutto capire come sono strutturate le creature del bestiario e per quale motivo sono cosí spaventosamente ben riuscite. Ad esempio viene posta l’attenzione sul fatto che Lovecraft si focalizza su una sola creatura alla volta in modo particolare in modo da usare i suo tipici schemi narrativi per alzare la tensione, rivelando qualcosa della creatura pian piano, per poi andare verso l’orrore finale, ben centrato e focalizzato su un preciso essere (con qualche variante, naturalmente non il 100% della sua produzione é sempre identica a se stessa). Detto questo veniamo invitati a riflettere su quali aspetti di una creatura ci sono rimasti piú impressi alla fine di ogni lettura e, determinati quegli elementi che secondo noi funzionano meglio, possiamo creare le nostre personali creature. In questo caso potranno essere creature del tutto nuove giocate su un mix and match di elementi che abbiamo trovato interessanti, oppure possiamo usare creature prese direttamente dal suo bestiario e contestualizzarle diversamente, andando ad immaginare come agirebbero in epoche, localitá e condizioni ambientali diverse.
Per seguire il processo proposto da Stealing Cthulhu si possono individuare 4 pattern fondamentali:
- Rubare un’idea, per variarla e poi riutilizzarla
- Rubare un’idea per enfatizzare aspetti che Lovecraft ha lasciato piú in secondo piano e poi riutilizzarla
- Rubare diverse idee, combinarle fra loro e poi riutilizzarle
- Prendere un tema intero e creare una variazione sul tema
Chiaramente la variazione sul tema é il punto chiave attorno a cui ruota tutto il saggio: partire da Lovecraft, dai suoi schemi, dalle sue idee, per poi variare, esplorare angoli inesplorati, scovare ció che secondo noi funziona, ha un buon potenziale e poi svilupparlo.
Il saggio ci invita a shiftare la nostra prospettiva, ad immaginare come sarebbero declinate le cose se variassero anche solo di pochi dettagli. La variazione é un boost creativo molto potente, cambiare anche solo la location fornisce un nuovo intero set di dettagli ed espedienti che portano a strade tutte nuove. In Lovecraft poi c’é moltissimo di non detto, abbozzato, dedotto o che emerge solo da lettere, diari, voci di paese; tutta roba a cui attingere a piene mani una volta compresi canoni dello stile, ossia lo scheletro delle strutture entro cui muoversi.
Il secondo punto centrale su cui si appoggia l’idea di Walmsley é quello che sia necessario creare un prodotto che in qualche modo “ritorni a Lovecraft” e si ripulisca dalla visione che viene dalla maggior parte dei giochi in circolazione.
Nei giochi di ruolo sui mondi di Lovecraft, in genere, vengono ripresi i temi, le locations e (soprattutto) il bestiario e poi fusi con elementi che con Lovecraft hanno poco o nulla a che fare, come il combattimento e il concept dei culti. Oppure vengono enfatizzati alcuni aspetti, come la follia e l’investigazione, che effettivamente si ritrovano ma con un tono decisamente meno eroico ed avventuroso.
E’chiaro che un gioco di ruolo deve essere prima di tutto divertente per chi gioca e deve comunque aderire a certi canoni, ma l’intento dell’autore qui é quello di fornirci i mezzi per creare del materiale che riesca a mantenersi fedele allo stile e agli intenti dell’originale.
Sempre per fare un esempio che chiarisca il concetto: i giocatori dovrebbero trovarsi davanti alla consapevolezza che l’orrore finale non puó essere sconfitto e non ci sará alcuna epica battaglia.
Rubare i finali è una parte estremamente interessante, Lovecraft ha non solo uno stile inconfondibile ma una caratteristica molto specifica quando compone il climax delle sue opere: in generale, dopo un confronto con l’orrore finale è sostanzialmente impossibile tornare nella propria ignoranza e, sano o no di mente (o vivo) che sia il protagonista, egli è condannato alla consapevolezza che l’orrore è ancora lì, dove è sempre stato dalla notte dei tempi, e noi stupidi umani di certo non rappresentiamo altro che le pulci sulle spalle di nani sulle spalle di giganti.
Non solo, a volte l’orrore finale non si palesa nemmeno, a volte non é altro che una orribile consapevolezza.
La parte importante dei finali delle avventure in questo caso non é il grande combattimento ma la realizzazione dell’orrore, lo scoperchiamento del velo che celava veritá inaudite e, logicamente, lo svelamento finale del mistero. Si tratterá comunque di un gioco di investigazione ma, in questo caso, la storia ci condurrá in un viaggio verso la consapevolezza degli immensi orrori che stanno intorno a noi. Si tratta di realizzazioni, lente,con un ritmo che di solito i GDR a tema Lovecraft tendono ad accelerare molto. Nuove consapevolezze che si fanno strada nella mente del protagonista un indizio alla volta.
Stealing Cthulhu • Cosa possiamo rubare da Lovecraft per i nostri giochi di ruolo
Nell’arco del libro l’autore ci spiega, uno alla volta, tutti gli elementi stilistici e narrativi che possiamo fare nostri per creare un lavoro su lovecraft che, come abbiamo detto, sia rispettoso di tale nome.
Una cosa davvero ben riuscita di questo libro è proprio questo sezionare accuratamente ogni elemento narrativo per identificare gli schemi ricorrenti. Vengono esaminate le location, le caratteristiche specifiche che rendono l’atmosfera unica, i finali con tutte le loro diramazioni, ma anche parole chiave, odori, colori e molto altro ancora. Alla fine tutto si riconduce ad analizzare gli elementi che forniscono quel senso di “weird”, orrorifico per il suo essere straniante e disgustosamente fuori posto, che funziona tanto bene nei racconti e nei romanzi.
Dopo aver visto tutti questi singoli elementi caratteristici, si passa ad analizzare i pattern che li uniscono per condurre una narrazione organica.
Il libro qui ci spinge ancora di più a leggere Lovecraft per trovare nuovi spunti, temi e pattern che si discostano dai soliti tre o quattro che tipicamente finiscono per comporre quasi tutti i giochi sul tema. Cosa ancora più importante è necessario comprendere a fondo un aspetto prima di utilizzarlo al fine di dargli il giusto valore. Ad esempio, prima di buttarsi nell’inserire il combattimento nel nostro gioco dovremmo sforzarci di comprendere in che modo gli scontri sono declinati nella narrativa, che ruolo rivestono e, se sono presenti, in che contesti, tempi e fasi del racconto. Alla fine scoprirete da soli come ci siano elementi tipicamente usati nei GDR, come i rituali, che però a conti fatti sono presentati nella narrazione come estremamente rari, pericolosi e sfiancanti per chi li fa; una riflessione sul loro uso effettivo dovrebbe suggerirvi come declinarli all’interno del gioco o dell’avventura che avete in mente. Lo stesso può valere anche per la figura degli NPC, spesso sottovalutati o abbozzati senza arte né parte. Varrebbe la pena invece notare quanto essi siano importanti per l’andamento della trama e per fornire tridimensionalità all’atmosfera. Dare loro la giusta importanza renderà sicuramente l’atmosfera del gioco più simile a quella dei racconti e creerà spunti di roleplay molto interessanti per i vostri investigatori.
Il libro si focalizza anche approfonditamente su alcuni schemi strutturali a cui dobbiamo fare attenzione perchè la nostra narrazione abbia lo stesso ritmo e lo stesso livello di suspance.
La gestione dei tempi horror, ad esempio, è molto diversa. Gli horror moderni tendono allo jump scare o comunque alternano momenti di tensione a momenti di relax. La politica di Lovecraft invece è quella di far salire la tensione molto lentamente: i primissimi indizi passeranno addirittura per casualità o elementi spiegabili per poi procedere un passo alla volta verso il “fuori posto”, il weird appunto. Anche quando l’orrore si manifesta è sempre una discesa verso l’abisso fatta un passo alla volta, dove il primo orrore incontrato, che sembra magari già terribile, in realtà è solo un piccolo passo verso quello finale. In questo modo, al salire dell’orrore, diminuisce anche la distanza narrativa. Anche qui la curva disegnata dalla distanza narrativa è diversa dal genere più moderno, dove ci si imbatte prima nel problema, qui si parte da lontanissimo (leggende di paese, testimonianze molto poco attendibili ecc.) per avvicinarsi man mano.
Stesso discorso vale per le descrizioni. Un elemento così spesso trascurato ma del tutto fondamentale in Lovecraft. Arrivare al livello di dettaglio che Lovecraft mette nei luoghi, nei mezzi di trasporto è difficile senza appesantire il gioco ma il libro ci spiega come sfruttare questa lentezza a nostro vantaggio per aumentare l’angoscia e il senso straniante. Le descrizioni coinvolgono tutti i sensi e sono viste secondo una prospettiva di estremo dettaglio sempre accompagnata dalla figura della reticenza che non racconta mai fino in fondo un orrore troppo grande per essere descritto. Da un lato descrizioni estremamente dettagliate, dall’altro elementi troppo dettagliati per essere casuali ma mai spiegati fino in fondo nella storia.
Insomma, se vi stavate chiedendo perchè le vostre avventure (o i vostri giochi), anche narrate con cura, non hanno mai veramente lo stesso flavour di quelle di Lovecraft, probabilmente dovete cercare la soluzione in tutte le strutture narrative che vengono spiegate qui e che sono capaci di cambiare radicalmente il ritmo della storia.
Arrivati a questo punto il rischio è di avere dell’ottimo materiale creativo ma un po’staccato dai personaggi che devono giocare. In fin dei conti stiamo parlando di giochi di ruolo, che avranno dei giocatori che interverranno attivamente e che dovranno divertirsi.
Stealing Cthulhu non si perde nel definire un sistema di regole su cui dovreste basare i vostri giochi, non vengono definiti dei percorsi obbligatori per far funzionare un sistema, vengono però date ottime indicazioni su come enfatizzare determinati elementi e usarli per creare un gioco che funzioni bene con qualunque sistema vorrete sfruttare.
I protagonisti dei racconti e romanzi di Lovecraft non sono investigatori all’atto pratico. Sono curiosi, studiosi, affamati di conoscenza ma non sono investigatori in senso lavorativo. Inoltre tendono ad essere bidimensionali e fortemente stereotipati, spesso un po’ ciechi davanti all’ovvio e, cosa più importante, non sono dotati di metapensiero.
I protagonisti che si siederanno al tavolo, invece, avranno bisogno di personaggi che intervengano attivamente, che non siano spettatori troppo passivi, che saranno “provocati” dagli orrori che si troveranno davanti e che, probabilmente, saranno ben più di uno.
Una volta ho letto un intervento in cui si diceva che nessun gioco su Lovecraft, di quelli tipici che si sono visti finora, ha davvero a che fare con Lovecraft ma ne sfrutta solo la mitologia. Questo è esattamente il pensiero dell’autore di questo libro e anche la ragione per cui giochi come Lovecraftesque hanno un sistema completamente diverso dall’ordinario.
Nello specifico Lovecraftesque risolve il problema usando un solo protagonista che viene manovrato da più giocatori ma ci sono anche altri giochi, anche se magari non specificatamente legati a Lovecraft, dove diversi espedienti hanno saputo cogliere nel segno.
Uno di questi è Omen, non lovecraftiano ma adattabilissimo al contesto, che ha un sistema di gestione dell’orrore strisciante (chiamiamolo così, in questo caso si tratta più di oscuri presagi) molto coinvolgente e un bel sistema di narrazione condivisa. Un altro senza dubbio è Cabal, un incrocio fra Lovecraft e mille filosofie, teosofie ed esoterismi, che ha un impianto investigativo perfettamente asservito allo scoprire un passo alla volta enormi orrori oltre il velo.
Potrei fare diversi altri esempi, ma tornando a Stealing Cthulhu, l’autore cerca di farci capire quali difficoltà potremmo avere nell’adattare Lovecraft ad un tavolo di giocatori e come farlo diventare un buon gioco investigativo pur mantenendo inalterate tutte le caratteristiche del genere.
Il libro termina con un voluminoso excursus sul bestiario di Lovecraft e su come ogni singola creatura possa essere rideclinata e usata efficacemente in un gioco di ruolo.
Anche la miscellanea finale è di grande utilità per il game design. Si tratta infatti di definire in semplici punti qualche importante idea di base: ad esempio fare attenzione a porre in escalation le proprie idee, invogliare i giocatori ad esplorare il rapporto che li lega gli uni agli altri, semplificare gli elementi horror, scandire dei tempi oltre cui delle cose accadranno oltre la volotà dei PG, e così via…
In appendice poi troveremo anche anche Cthulhu Dark, un mini sistema pronto per giocare avventure Lovecraftiane autentiche e sufficientemente scevre dalle sovrastrutture avventurose/eroiche proposte di solito. Un buon modo per mettere insieme quanto detto lungo tutto il saggio e tirare le somme sull’applicazione pratica delle regole di Walmsley.
Fonti e riferimenti
Il libro Stealing Cthulhu io l’ho trovato su DrivethruRPG in formato PDF
Stealing Cthulhu on DrivethruRPG
Su Amazon, tuttavia, ci sono altri scritti di Graham Walmsley che mi sento di consigliare, tipo questo
E’comunque un ottimo autore che ha qualcosa da dire sul gioco di ruolo, vale la pena dare un’occhiata anche agli altri scritti!
Per finire, avendo parlato di Steal Like an Artist vi incollo qui sotto anche il suo link, nel caso vogliate dare un’occhiata. Non é un libro che vi possa cambiare la vita, ma se siete in blocco creativo e volete vedere le cose da un altro punto di vista…